L'Unione Europea dopo Nizza

Osservatorio Europa (2001)

Il Vertice di Nizza del dicembre scorso ha posto le basi per il futuro allargamento dell'Unione e ha affrontato la delicata questione delle riforme istituzionali, pur senza risolverla. Anzi, il complesso sistema delle maggioranze di blocco inserito nel Trattato comunitario ha reso ancora più complicate le procedure decisionali in seno all'UE.

Inoltre, i limiti posti alle "cooperazioni rafforzate" sembrano renderle di fatto inoperanti. Il Parlamento europeo si accinge a dare una valutazione del Trattato, e ci sono tutti gli indizi per immaginare che non si tratterà di una lode sperticata all'operato dei Governi. Il Parlamento esce da Nizza umiliato nelle sue prerogative e nelle sue aspettative di rappresentanza dei cittadini europei. Nulla nel Trattato è stato inserito per aumentare il suo peso politico in seno alle istituzioni comunitarie. Il giudizio che il Parlamento darà di Nizza non avrà un valore giuridico, ma sarà sicuramente importante per orientare il successivo processo delle ratifiche nazionali, processo che non si presenta semplice. I risultati scadenti del Vertice nizzardo non sono frutto del caso, ma derivano da consistenti divergenze politiche tra gli Stati dell'Unione. In particolare, il tradizionale asse franco-tedesco, che ha condotto l'Unione al trasferimento della sovranità monetaria, ha manifestato la sua crisi più acuta, forse dai tempi di De Gaulle. Sui temi cruciali, sia prima di Nizza sia durante il Vertice, ma ancora oggi, la Francia è più vicina alle posizioni britanniche che a quelle tedesche. Se il Cancelliere Schroeder ha rilanciato l'idea della Federazione europea, con una Costituzione e, soprattutto, un deciso trasferimento a livello europeo delle competenze in materia di difesa e politica estera, la Francia non ritiene possibile un tale passo in assenza della Gran Bretagna. Le posizioni francesi, che da taluni commentatori sono attribuite alle preoccupazioni dell'Eliseo per l'apparente rinascita di una politica tedesca espansivista nei confronti dell'Europa orientale, sono viziate da una contraddizione di fondo: da un lato la Francia teme di essere schiacciata dalla Germania nell'equilibrio degli Stati all'interno dell'Unione, dall'altro non apprezza a sufficienza come soltanto un'ulteriore integrazione tedesca entro le istituzioni comunitarie possa evitare una risorgente politica di potenza verso Est da parte di Berlino. A ciò si aggiunga un'ulteriore complicazione, dovuta all'avvicinarsi delle elezioni presidenziali in Francia, previste per il 2002, che vedrà opposti l'attuale Presidente Chirac e il suo Primo Ministro, Lionel Jospin. La sensibilità al tema europeo che ha sempre caratterizzato il dibattito politico francese potrà condurre al temporaneo stallo della collaborazione franco-tedesca. E' infatti probabile che qualcosa possa sbloccarsi solo nel pieno della campagna elettorale o immediatamente dopo: difficile immaginare che uno dei due candidati voglia sbilanciarsi così in anticipo sul tema caldo dell'Europa.

 


Modifiche postume al Trattato di Nizza


Il complicato meccanismo di voto inserito dal Trattato di Nizza nel sistema decisionale dell'Unione, che ha reso ancora più cervellotico il funzionamento delle istituzioni comunitarie, sarà ulteriormente modificato. Gli ultimi dettagli erano stati messi a punto nella notte di lunedì 11 dicembre: il risultato è stato un errore nel calcolo delle maggioranze necessarie all'assunzione delle decisioni da parte del Consiglio. A Nizza si era concordata una minoranza di blocco pari a 68 voti, con un'evidente incongruenza dovuta al fatto che i calcoli erano stati fatti sulla base dei 30 voti spettanti ai "grandi paesi" (Italia, Germania, Francia e Inghilterra). Nel corso delle negoziazioni, i 30 voti sono diventati 29, e questo ha comportato modifiche consistenti nel calcolo pratico delle minoranze di blocco. Così, ad esempio, Francia, Italia e Portogallo (70 voti in totale) sarebbero in grado di bloccare una decisione, mentre Italia, Spagna e Portogallo, che avrebbero potuto farlo con il sistema di Nizza (68 voti), non possono più bloccare una decisione del Consiglio ora che la soglia è stata alzata a 69. In ogni caso, il Trattato, tradotto dai giuristi-linguisti, è ora pronto per la firma ufficiale, che avrà luogo a Nizza il prossimo 26 febbraio.


 


Eurobarometro: il 70% degli Europei vuole la Costituzione europea


L'Unione Europea non ha una costituzione, ma da quando i leaders europei hanno iniziato il dibattito sulla riforma dell'Unione, nel quadro dell'integrazione di nuovi membri (fino a 13), la possibilità di averne una si è trasformata in un argomento della discussione. L'indagine Eurobarometro ha misurato l'opinione della gente riguardo ad una costituzione europea, definita come testo fondamentale che integri gli attuali trattati. I risultati indicano che questa idea riceve un largo consenso, con il 70% dei cittadini dell'UE che si dice a favore e soltanto il 6% che si schiera contro. Il restante 24% non si è espresso. Nei 15 Stati membri, la maggior parte della popolazione dà il suo supporto alla costituzione. Tuttavia, si notano scostamenti significativi fra i diversi paesi, con livelli di consenso che variano dall'88% dei Paesi Bassi al 47% del Regno Unito in cui un analogo peso hanno gli intervistati che non rispondono. Il Regno Unito ha il livello più alto di risposte "non so" ma questo livello è generalmente alto e varia dall'8% nei Paesi Bassi al 44% in Irlanda, leggermente meno che in Gran Bretagna. Di conseguenza, il livello di opposizione categorica alla costituzione è basso, con la Danimarca (24%) e la Finlandia (19%) come unici paesi in cui più di una persona su dieci si è detta contro la costituzione. Anche tra i vari gruppi demografici della popolazione il livello d'opposizione è al di sotto del 10%. Troviamo così che il sostegno convinto alla costituzione varia dal 63% di chi ha abbandonato la scuola a 15 anni o prima, all'80% di chi ha terminato i propri studi a 20 anni o li ha proseguiti. Come ci si poteva aspettare, il gruppo di intervistati che pensa di saperne un po' di più sull'Unione europea è più suscettibile di avere un'opinione rispetto a chi pensa di saperne poco, talché i livelli di supporto sono significativamente elevati nel primo gruppo (81%) piuttosto che nel secondo (59%). Per quanto riguarda gli atteggiamenti, non ci si sorprende di trovare che gli europeisti sono più favorevoli ad una costituzione degli euroscettici (83% contro 58%). Il 14% delle persone che considerano l'appartenenza del loro paese all'Unione Europea come un fatto negativo, si oppongono ad una costituzione.


L'Italia si mantiene ai vertici dell'europeismo, seguendo i Paesi Bassi con un 84% di consensi verso la costituzione europea, ma risulta prima (insieme all'Irlanda) per quel che riguarda le opinioni contrarie (solo 3%).


Schroeder rilancia il nucleo federale


Secondo il Cancelliere tedesco Gerard Schroeder, la Carta dei Diritti proclamata a Nizza dovrà essere inclusa nei Trattati comunitari, rappresentando il primo nucleo giuridico di una futura costituzione europea. L'occasione di questa dichiarazione è stata la conferenza "L'Europa senza frontiere", del 22 gennaio scorso, organizzata a Berlino dall'Internationaler Bertelsmann Forum, alla quale hanno partecipato anche il Premier spagnolo Aznar, il Cancelliere austriaco Schussel, i Ministri degli Esteri tedesco e francese, Fischer e Vedrine, il Signor PESC, Solana, e il Presidente della Commissione Romano Prodi.


Con questo intervento, che riapre il dibattito sulla costituzione europea e sulle riforme istituzionali dell'Unione, Schroeder si allinea alle posizioni del suo Ministro degli Esteri, Joschka Fischer, che il 12 maggio del 2000 aveva tenuto un importante discorso a favore della costituzione europea all'Università di Humboldt, pur parlando da "deputato del Bundestag". Sulle stesse posizioni del Cancelliere tedesco anche il Presidente Prodi, che ritiene necessaria una costituzione europea.

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