Riforma dell'Unione: il Parlamento prende posizione sull'equilibrio tra i poteri

di Massimo De Andreis

Osservatorio Europa (2000)

La logica unitaria vorrebbe una Commissione e un Parlamento più forti, ma il Parlamento vuole rafforzarsi a spese della Commissione, il che aumenta il rischio che prosegua la «deriva intergovernativa»

Nel dibattito in corso sul futuro istituzionale dell’Unione Europea che dovrà trovare un nuovo assetto a seguito della Conferenza Intergovernativa di revisione dei Trattati si inserisce il Parlamento europeo che il 13 aprile scorso ha adottato con 238 voti a favore, 147 contrari e 73 astensioni una risoluzione contenente diverse importanti proposte sulla riforma istituzionale.

Il Parlamento prende posizione su molti temi. Innanzitutto si esprime per limitare a 700 il numero dei propri deputati dopo l’allargamento ai Paesi in pre adesione e propone, per quanto riguarda la sua composizione, che al massimo per la legislatura del 2009 (quando cioè l’Unione Europea sarà già allargata ad alcuni dei nuovi membri) il numero di deputati da eleggere in ogni Stato Membro sia calcolato in funzione della popolazione secondo una ripartizione proporzionale corretta attraverso l’assegnazione di un numero minimo di quattro deputati per Stato.

Significativa poi la proposta che il trattato preveda la possibilità che un certo numero di deputati possa essere eletto nel quadro di una circoscrizione europea unica, attribuendo ad ogni elettore due suffragi: uno a titolo delle liste nazionali e l’altro delle liste europee.

Forse scottati dal «caso Austria» e dalle divisioni che l’ingresso del partito di Haider nel governo di Vienna ha portato anche dentro il Partito Popolare europeo, i deputati hanno proposto che qualora partiti europei non rispettino i principi democratici e i diritti fondamentali essi possano formare oggetto, dinanzi alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, di una procedura mirante a sospendere loro tutti i finanziamenti.

Parallelamente appare dettata dagli scandali che portarono alle dimissione della Commissione Santer il favore del Parlamento alla proposta di istituire un procuratore europeo competente in materia di tutela degli interessi dell’Unione contro le frodi sull’intero territorio comunitario.

Molto significativa anche la parte della risoluzione dedicata alla riforma del Consiglio, delle modalità di voto e gerarchia delle norme.

Il Parlamento Europeo propone infatti, che le deliberazioni in seno al Consiglio dei Ministri che richiedono la maggioranza qualificata possono essere prese se ottengono il voto favorevole della maggioranza semplice degli Stati membri che rappresentano almeno la maggioranza della popolazione totale degli Stati membri dell’Unione.

Questo aspetto introduce quello legato alle procedure decisionali. Il Parlamento Europeo infatti propone che il voto all’unanimità in seno al Consiglio (che oggi consente ad esempio al Lussemburgo grande la metà della provincia di Torino di bloccare decisioni che vedono l’accordo di tutti gli altri) sia limitato alle sole decisioni di carattere costituzionale, che cioè richiedano la ratifica dei rispettivi parlamenti nazionali.

Importante è anche l’opera di razionalizzazione delle norme proposta dal Parlamento. I trattati, che sono oggi la somma di norme che risalgono al Trattato di Roma del 1957 fino all’ultimo Trattato di Amsterdam del 1997, andrebbero semplificati e consolidati in un testo unico che si articoli in due parti. La parte «A» con disposizioni di natura costituzionale (preambolo, obiettivi dell’Unione, istituzioni e loro funzionamento, procedure decisionali e ripartizione tra competenze dell’Unione e quelle degli Stati membri) e parte «B» contenente tutti gli altri settori coperti dai trattati attuali. Parallelamente a questa razionalizzazione andrebbe poi introdotta una gerarchia delle norme che preveda che solo la parte «A» delle norme richiedano l’unanimità degli Stati Membri e la ratifica da parte dei rispettivi parlamenti nazionali. La parte «B» del trattato dovrebbe poter essere modificata dal Consiglio previo parere conforme del Parlamento.

In questo ultimo aspetto si intravede il punto debole della proposta del Parlamento: lo scarso peso che viene dato alla Commissione Europea. Non citarla nemmeno tra i soggetti che abbiano potere di esprimersi in un processo decisionale mirante a cambiare le disposizioni del Trattato significa proporre un modello dualistico (Parlamento–Consiglio) dove la Commissione sarebbe limitata a puro organo amministrativo. Questa impostazione fa il paio con le proposte che il Parlamento avanza in riferimento al Comitato delle Regioni dove ci si limita a richiedere che i membri del CdR non superino mai la metà dei deputati del Parlamento e che debbano effettivamente esercitare un mandato politico elettivo a livello locale.

Rispetto al peso crescente che le regioni europee hanno assunto sia a livello dei singoli paesi membri, sia a livello di interlocutori diretti delle istituzioni europee, le riduttive proposte del Parlamento anche in questo caso testimoniano la volontà dell’Assemblea Parlamentare di cercare di esercitare da sola il ruolo di contraltare al potere del Consiglio.

In tema di riforma della Commissione Europea il Parlamento concorda sul fatto che nell’Europa allargata il collegio dei commissari possa essere formato al massimo da 20 persone, introducendo parallelamente un sistema di rotazione che garantisca pari opportunità di partecipazione ai cittadini di ciascuno Stato membro. In alternativa viene avanzata la proposta di attribuire sempre un commissario per ogni paese, quale che sia il numero dei membri dell’Unione, procedendo contemporaneamente al rafforzamento del ruolo del presidente.

Significativo, anche alla luce di quanto osservato sopra leggere sulla risoluzione adottata, la proposta che «il Parlamento elegge il presidente della Commissione fra i candidati proposti dal Consiglio».

Nell’insieme la proposta di riforma istituzionale che avanza il Parlamento appare ricca di spunti interessanti è può rappresentare uno stimolo importante verso i governi che poi sono il soggetto che realmente ha il potere di decidere quali riforme portare avanti. Ha però il difetto, che poi finisce per penalizzare anche quelle parti che sono più innovative e coraggiose, di coltivare sul fondo l’ambizione irrealistica di voler costruire per il Parlamento Europeo il ruolo di unico (o principale) interlocutore del Consiglio.

Questo difetto non è tanto grave in riferimento al ruolo rivendicato per se stesso dal Parlamento Europeo, perché è quasi naturale che in una fase «costituente» ogni istituzione tenda a richiedere il rafforzamento dei propri poteri.

Il vero problema è che se il Parlamento vuole aumentare il proprio ruolo riducendo quello della Commissione e proponendosi come il principale interlocutore del Consiglio, per differenza, rafforza quest’ultimo nel suo ruolo di motore politico, ossia «governo» dell’Unione togliendo qualsiasi freno alla deriva intergovernativa che pure è già incominciata.

Nella prospettiva di un rafforzamento politico forte dell’Unione Europea, nessuno dovrebbe perdere di vista che se il Parlamento Europeo può legittimamente aspirare a diventare una Camera con pieni poteri legislativi rappresentativa degli interessi dei cittadini, parallelamente il Consiglio dovrebbe diventare gradualmente una sorta di seconda Camera rappresentativa degli interessi degli Stati Membri (e anche il passaggio dal voto all’unanimità a quello a maggioranza va in questo senso).

Rispetto a questa impostazione, cioè due «camere» dove risiede il potere legislativo, è necessario il rafforzamento di un organo che rappresenta gli interessi collettivi dell’Unione cioè la Commissione Europea, e che in futuro riforma potrebbe assumere il ruolo di governo dell’Unione.

Forse dopo anni in cui abbiamo sentito come leitmotif di tutti i processi di riforma istituzionale europea sempre parlare della necessità di rafforzare il ruolo del Parlamento Europeo ora è venuto il momento di parlare anche della necessità di rafforzare il ruolo della Commissione.

L’affermazione del presidente Prodi quando ha parlato di azione di governo europeo esordendo nel suo incarico di presidente della Commissione Europea e che tante polemiche e ostilità gli ha suscitato peccava forse del difetto di essere pronunciata nel momento sbagliato, ma non certo di essere irrealistica rispetto ai bisogni dell’Unione Europea nei prossimi anni.

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