Caso Haider: la protesta dei 14 non è un segno di forza per l'Europa, anzi!

Osservatorio Europa (2000)

Prodi è stato dietro le quinte perché non ha una Carta Costituzionale dei valori comuni europei da difendere. Senza di quella, l'Unione scivolerà verso un'area di libero scambio.

Due interrogativi ai quali rispondere

La fase acuta del "caso Haider" è passata. Può essere utile a questo punto riflettere su due interrogativi, che nessuno ha chiarito. Perché l’Unione Europea ha avuto una reazione così dura nei confronti dell’Austria? Quali conseguenze avrà la presenza in Europa di un governo formato con i voti dell’estrema destra, xenofoba ed anti europea?

Il peso del "fattore G"

Quanto alla prima domanda, riteniamo che si sia fatto nuovamente vivo il "fattore G" come Germania. I paesi europei, vedendo la piega degli avvenimenti di Vienna, hanno subito pensato alla Germania.

La crisi dei partiti tedeschi e in particolare la CDU dopo lo scandalo dei finanziamenti illeciti sta mettendo a dura prova la tenuta della Democrazia Cristiana tedesca. In particolare, il partito bavarese non intende pagare elettoralmente e politicamente il conto degli errori compiuti a Bonn e Berlino. Ma un eventuale rottura dell’unità della CDU potrebbe aprire la strada all’emergere dell'estrema destra, con componenti populiste che già sono presenti oltre il Reno, finora arginate dal peso elettorale della Democrazia Cristiana. A questo si aggiunge che è stato proprio il leader bavarese della CDU il maggiore ispiratore dell'accordo dei popolari austriaci con Haider.

L’indignazione dei 14 governi dell’Unione (con Francia e Belgio in testa) si spiega intanto con la paura che uno scenario analogo a quello viennese si possa presentare in Germania entro qualche anno. Ma non basta.

Ci sono degli "Haider" anche in altri paesi dell'Unione

Alcuni paesi europei hanno il loro Haider in casa. Proprio il Belgio - la cui reazione è stata la più dura - ha nelle Fiandre il "Vlaamse Block", il partito di estrema destra vincitore delle ultime elezioni. Ad Anversa, ricca capitale delle Fiandre belghe, un elettore su tre ha votato per l’estrema destra nazionalista e razzista. Eppure, il "cordone sanitario" messo in atto da tutti gli altri partiti ha finora impedito la salita al potere anche solo a livello locale di questa forza politica. Anche in Danimarca le formazioni politiche di estrema destra, antieuropee e con tratti xenofobi guadagnano, ad ogni elezione, consensi crescenti. In Francia c'è Le Pen, che dicono inoffensivo, ma al quale il consenso non manca.

Il "fattore G", la debolezza della CDU tedesca e l'apparizione di altri possibili "Haider" in Europa hanno dunque suscitato la reazione dei leader dei quattrodici. Oltre tutto, le minoranze eversive sono innocue di fronte a parlamenti e partiti compatti. Ma se questi incominciano a sfaldarsi, i guai lontani possono avvicinarsi rapidamente.

Commissione Europea: per ora ha prevalso la prudenza di Prodi

L'Austria è stata duramente ripresa dai governi europei, mentre l'esecutivo europeo (la Commissione) non ha fatto passi formali contro quel paese. La prudenza di Prodi ha prevalso, e le ragioni potrebbero essere almeno due:

a) in primo luogo, l’isolamento dell’Austria dal punto di vista del diritto comunitario sarebbe stato certamente forzato. E forse anche controproducente: avrebbe stimolato ancora più il nazionalismo austriaco, il che non sarebbe probabilmente stato né utile, né opportuno.

b) in secondo luogo, lasciando ai governi europei l’onere di protestare con Vienna, lo scontro è avvenuto in sede comunitaria (la presidenza portoghese), ma all’interno della logica intergovernativa. Se la protesta fosse venuta da Prodi, da un lato egli avrebbe sottolineato il ruoo politico della Commissione - un ruolo che ancora non ha, e spera di ottenere dalla revisione del Trattato di Amsterdam. Dall'altro lato, alcuni paesi avrebbero potuto interpretare l'intervento come lesivo della sovranità statale, e biasimarlo, facendo fare un passo indietro alla preparazione della CIG.

In fondo, anche questa "crisi" austriaca ripropone la contrapposizione tra due "Europe" che si nascondono dietro le attuali istituzioni comunitarie.

L'Europa "degli Stati" e quella delle istituzioni comuni

Da una parte, c'è un’Europa degli Stati, coesa, che collabora, agisce in sincronia nella politica estera, crea e gestisce la moneta unica: essa resta pur sempre l’Europa degli Stati, e solo su questo fonda la sua legittimità.

L'altra "Europa" è quella delle istituzioni comuni: della Commissione e del Parlamento. Questa Europa rappresenta la sfida del futuro. Il suo obiettivo è superare gli interessi nazionali ed operare nell’interesse dell’Unione. Questa Europa difetta di istituzioni forti e rappresentative.

Manca una Costituzione Europea

Ma istituzioni forti, rappresentative e comuni hanno bisogno di ancorarsi a valori saldi, certi, condivisi. Valori che si dovrebbero trovare scritti su di una Costituzione Europea: una Carta che ancora nessuno ha scritto. Ecco, una Costituzionale sarebbe stata necessaria per vedere parlare Prodi, in luogo dei quattordici capi di Governo, contro i nazionalismi e a difesa dei valori europei della democrazia, dell'eguaglianza tra gli uomini e tra le razze. Senza una Costituzione, è illusorio pensare che la semplice riforma del Trattato di Amsterdam possa far compiere all'Europa il salto qualitativo che molti si aspettano. Finiranno delusi.

Potrà il caso Haider essere occasione per una riflessione globale sui valori comuni dell’Europa e su come codificarli per meglio difenderli? E potrà essere questa la strada per avviare una riforma radicale dell’Unione europea, anziché fare un puro maquillage?

Se nella Conferenza Intergovernativa per la revisione del Trattato di Amsterdam non si parlerà esplicitamente di un progetto politico di integrazione, della necessità di scrivere una Costituzione, con il prossimo ingresso degli ex-Peco, lo scivolo verso una semplice zona di libero scambio diverrà purtroppo la prospettiva più probabile.

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