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Uguaglianza e non discriminazione nell'Unione Europea

Equality and non-discrimination in the European Union

Categoria/Category
Anno XLIII, n. 190, gennaio-marzo 2008
Editore/Publisher
Guerini e Associati

Abstract

Con gli articoli che compongono questa sezione – presentata da Stefano Sacchi – continua la collaborazione tra «Biblioteca della libertà» e URGE, l’Unità di Ricerca sulla Governance Europea del Collegio Carlo Alberto, nell’individuare e discutere un tema di grande interesse per il presente e il futuro dell’Europa (nello scorso n. 186 di «Bdl» era stato affrontato il nodo della cosiddetta direttiva Bolkestein). Come mostra Krzysztof Nowaczek, gli autori guardano al contributo dell’Unione Europea nella lotta alla discriminazione in base all’orientamento sessuale (l’articolo è di Robert Biedroń), in base all’età (ne scrive Olivia Bonardi) e in base all’etnia (è Fabio Zuccheri a occuparsi di protezione delle minoranze nazionali). Le azioni dell’Ue volte al miglioramento della condizione dei gruppi a rischio di discriminazione sono numerose e gli autori di questa sezione si propongono di presentarle e valutarle. Secondo Biedroń, nella direzione di vietare per legge la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale, la Francia ha compiuto un passo importante già vent’anni fa. Alcuni paesi hanno seguito il suo esempio, altri non lo hanno fatto. L’autore ricostruisce questo processo e, al suo interno, l’importante coinvolgimento delle istituzioni europee: delinea il regime istituzionale connesso alle misure antidiscriminazione nei confronti delle persone Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali) e propone poi alcune osservazioni sulle questioni sociali relative a queste persone. In ultimo, al fine di offrire una migliore panoramica del contributo dell’Ue alla protezione delle persone Lgbt, analizza brevemente la loro condizione nei nuovi stati membri e negli stati terzi. Per Bonardi, il nuovo divieto di discriminazione per motivi di età comincia ad avere qualche effetto sulle politiche e sulle legislazioni degli stati membri della Comunità europea, imponendo di ricalibrare gli interventi in materia di occupazione e di politica sociale in funzione delle nuove esigenze derivanti da una società la cui composizione demografica sta rapidamente cambiando. Tuttavia, l’effetto del nuovo diritto antidiscriminatorio è per alcuni versi limitato, sia per quanto riguarda il suo ambito di applicazione sia per le ampie possibilità di deroga che sono consentite. E rimane una più complessa questione da affrontare: quella delle discriminazioni multiple o incrociate, cioè che determinano un trattamento sfavorevole della persona in ragione di più motivi e in cui l’incrocio dei fattori di discriminazione ha un effetto addirittura esponenziale, offendendo la dignità della persona in modo particolarmente pesante. La strumentazione che l’ordinamento comunitario e nazionale predispongono a tutela da questo tipo di discriminazioni è non solo scarsa ma anche problematica; si tratta di un aspetto del diritto discriminatorio tuttora da studiare approfonditamente, almeno in Italia, dove si è ancora allo stadio primordiale. Zuccheri evidenzia che gli stati membri dell’Unione continuano a considerare quella delle minoranze come una questione di competenza esclusiva della politica nazionale. In questi anni, l’Unione Europea si è limitata a promuovere una legislazione volta a combattere la discriminazione in base alla razza o l’origine etnica. Fra le condizioni per l’ingresso, ai paesi in via di adesione l’Unione ha invece posto esplicitamente la richiesta di misure a tutela delle minoranze, misure rivelatesi tuttavia, all’indomani dell’allargamento, più formali che sostanziali. In vista dell’ulteriore possibile ampliamento dell’Ue alla Turchia e ai Paesi balcanici, occorre arrivare a risultati concreti in materia di tutela delle minoranze, per non rischiare di importare situazioni pericolose per la stabilità e la sicurezza dell’Unione. Tuttavia, per poter giocare un ruolo incisivo l’Ue deve diventare una vera e propria unione politica, capace di agire nel nome di un unico popolo all’interno del quale vi saranno differenti minoranze europee.


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This section, presented by Stefano Sacchi, marks the continuation of collaboration between Biblioteca della libertà and URGE, the Collegio Carlo Alberto European Governance Research Unit, on a subject of great interest for the present and future of Europe (the last number of this journal, 186, addressed the puzzle of the so-called Bolkestein Directive). As Krzysztof Nowaczek shows, the authors view the European Union’s contribution to the fight against discrimination from the points of view of sexual orientation (Robert Biedroń), age (Olivia Bonardi) and ethnic groups (Fabio Zuccheri), presenting and assessing the numerous actions promoted by the EU to improve the conditions of groups at risk of discrimination. According to Biedroń, by banning sexual discrimination, France made an important step forward twenty years ago: some countries have since followed her example, others have not. He reconstructs this process and European institutions’ significant involvement in it, outlining the institutional regime connected to anti-discriminatory measures against LGBTs (lesbians, gays, bisexuals and transgenders) and making observations about social issues related to such groups. Finally, to provide a broader picture of the EU’s contribution to the protection of LGBTs, Biedroń briefly analyses their condition in new member and other states. For Bonardi, the new ban on discrimination for reasons of age is starting to have some effect on the policies and legislations of the member states of the European Community, forcing them to adjust employment and social policies to the new demands of a society whose demographic profile is changing rapidly. Nonetheless, the effect of the new anti-discrimination legislation is, in some respects, limited both by its sphere of application and by the many exceptions that are permitted. A more complex question is that of multiple or crossover discriminations that, for a variety of reasons, lead to the mistreatment of people and, even exponentially, offend their dignity in a particularly serious way. The tools that the Community and national legal systems envisage to protect against this type of discrimination are not only few but also problematic. This is an aspect of discriminatory law that still has to be studied in depth, especially in Italy where the situation is still at a ‘primordial’ stage. Zuccheri stresses that EU member states continue to consider the question of minorities exclusively as a matter of national policy. In the last few years, the European Union has confined itself to promoting legislation to fight racial and ethnic discrimination. One of the conditions the Union explicitly imposed on budding members was the need for measures to protect minorities, but following the broadening of the Union, such measures have proved more formal than substantial. In view of a further possible enlargement of the EU to Turkey and the Balkan countries, it is necessary to achieve tangible results in terms of the protection of minorities, so to avoid the risk of importing situations that would endanger the stability and security of the Union. At all events, to be able to play an incisive role, the EU has to become a fully-fledged political union, capable of acting in the name of a single people, comprehensive of different European minorities.