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Il paradosso della «Global War on Terror»

The Paradox of the 'Global War on Terror'

Categoria/Category
Anno XLI, n. 185, ottobre-dicembre 2006
Editore/Publisher
Guerini e Associati

Abstract

Dopo l’11 settembre, gli Stati Uniti hanno definito la propria concezione del terrorismo con il concorso di tre gruppi che animano il panorama politico del paese: il movimento neoconservatore, la Christian Right e la lobby filo-israeliana. Sostenuta da un gran numero di cittadini, la strategia adottata per contrastare il fenomeno parte dal presupposto che la politica estera americana nel mondo, e in particolare in Medio Oriente, non abbia spinto i musulmani a diventare terroristi e che l’Iraq rientri nella «guerra al terrorismo». Le conseguenze dell’adozione di questa linea sono state: una diversione rispetto alla vera guerra al terrorismo, un incremento nell’offerta di potenziali terroristi prodotto dalla guerra in Iraq e da ultimo, sul piano interno, la militarizzazione e la securitization della società. Secondo Hopf, il fatto davvero ironico è che l’America, nonostante i suoi errori strategici madornali, sembra vincerà la «guerra globale al terrorismo». La vincerà grazie al quotidiano lavoro di polizia e alla collaborazione fra i servizi segreti degli Stati Uniti e dei paesi europei, arabi e del Sud-Est asiatico.
 

Three features of the contemporary American political landscape converged after 9/11 to shape America’s understanding of terrorism: the Neo-conservative movement, the Christian Right, and the pro-Israel lobby. Supported by a plurality of the American people, this strategy assumes that American foreign policy in the world, especially the Middle East, has not motivated Muslims to become terrorists and that Iraq is part of the war on terrorism. The consequences of this particular strategic understanding are a diversion from the real war on terrorism, an increased supply of terrorists spawned by the war in Iraq, and, finally, the militarization and securitization of American society at home. The ultimate irony must be that America’s global war on terrorism is in fact being won, despite its strategic blunders. This is because of the daily police work and intelligence collaboration that goes on among the US, European, Arab and Southeast Asian countries.