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Il cammino dell'Europa / Unione Europea e libero mercato visti dal continente e dalla Gran Bretagna

The European Way / European Union and free market seen from Europe and Britain

Categoria/Category
Anno XL, n. 180, luglio-settembre 2005
Editore/Publisher
Guerini e Associati

Abstract

Per comprendere i differenti atteggiamenti nei confronti dell'Unione Europea nelle diverse parti del continente, Brittan ritiene necessario risalire alle sue origini storiche. Ricorda dunque la nascita del movimento europeista, come espressione della volontà di evitare ulteriori conflitti, e le tante voci che si levarono a sostegno di questo progetto; ricorda poi i malintesi con la Gran Bretagna, che finirà per aderire alla Comunità Europea solo nel 1973. Da allora molti nuovi elementi sembrano aver colto di sorpresa i governi inglesi: l'espansione della Politica Agricola Comune, lo sviluppo del meccanismo di regolazione dei cambi e poi dell'euro, la Carta sociale dell'Unione Europea e ora la Costituzione. Tutto questo ha suscitato forti perplessità in molti, specie fra i liberisti in tutti i paesi europei; sono tuttavia soprattutto i liberisti britannici – più di quelli dell’Europa continentale – a nutrire diffidenza nei confronti dell’Unione. Dopo aver illustrato la varietà di orientamenti dei liberisti europei nei diversi paesi, Brittan conclude che è tempo di interrompere gli sforzi volti a «costruire l’Europa» che hanno caratterizzato gli ultimi cinquant’anni. Meglio cercare di far funzionare le istituzioni esistenti. Il suo auspicio è che i paesi dell’Unione si sviluppino ciascuno a suo modo, tralasciando il sogno di una grande potenza in grado di rivaleggiare con Stati Uniti e Cina.

To understand why the European Union provokes different attitudes across the continent, Brittan believes it is necessary to trace its historical origins. He thus evokes the birth of the Europeanist movement as an expression of a desire to avoid further conflicts and the many voices that were raised in support of the project. He then recalls misunderstandings with Great Britain, which only joined the European Community in 1973. Since then many new elements – the expansion of the Common Agricultural Policy, the development of exchange regulation mechanisms and then of the euro, the European Union Social Charter and, now, the European Constitution – would appear to have caught the British government by surprise. All this has triggered strong perplexities, especially among free traders in all the countries of Europe. But it is British free traders, more than those of continental Europe, who are diffident towards the Union. After describing trends among free traders in the various countries, Brittan concludes that the time has come to interrupt the efforts to ‘build Europe’ that have characterised the last fifty years. It is far better to try to make existing institutions work. Brittan’s hope is that each country in the Union will develop in its own way, and that the dream of becoming a great power to rival the United States and China will be shelved.