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È possibile il governo limitato?

Is Limited Government Possible?

Categoria/Category
Anno XXXIX, n. 173, 174, 175 gennaio-giugno 2004
Editore/Publisher
Centro Einaudi

Abstract

Tema di questo articolo è un’analisi e una critica delle posizioni neo-contrattualistiche di Rawls e Buchanan e di alcune tesi di Hayek. Nucleo centrale della critica è l’affermazione che i beni, le norme che presiedono alla loro distribuzione e le meta-norme per scegliere queste ultime formano un’unica gerarchia la cui costruzione dipende esclusivamente dalle nostre preferenze e interessi nei beni finali in gioco. In un paradigma di pura massimizzazione dell’utilità, null’altro può spiegare le scelte costituzionali. Della tesi si offre una dimostrazione di tipo logico e formale, per arrivare alla conclusione che in regime di sovranità popolare (democrazia) tenderà in ogni caso ad affermarsi una costituzione che massimizza l’ambito delle scelte riservate alla sfera pubblica (governo illimitato) e minimizza la coalizione decisiva che può legittimamente assumere tali scelte (regola della maggioranza semplice). Tale dimostrazione logica è peraltro ampiamente confermata dalla reale evoluzione storica di tutti i regimi democratici. A impedire tale esito, dunque, non valgono gli accorgimenti e gli espedienti costituzionali. Può evitarlo soltanto l’accettazione non ragionata, da parte di settori significativi della società, di determinate proposizioni metafisiche. Solo la libera accettazione, da parte degli individui, di limiti posti all’ambito della pura ragione, del mero calcolo costi-benefici, può far sì che essi non optino in favore di politiche pubbliche possibili, che pure promuoverebbero i loro interessi, se tali politiche violassero il diritto naturale.

This paper is an analysis and critique of the neo-contractarian positions of Rawls and Buchanan and some of the theses of Hayek. The central point is that goods, the rules for distributing them and the meta-rules for choosing these rules, form a single hierarchy whose ordering depends solely on our preferences and interests in the final goods at stake. In a pure utility-maximising paradigm, nothing else can possibly explain constitutional choice. Logical and formal analysis of the thesis reaches the conclusion that what will inevitably tend to arise from popular sovereignty (ie, democracy) is a constitution maximising the area of choice controlled by the public sphere (unlimited government), and minimising the decisive coalition that will take on such choices (the rule of the bare majority). This logical demonstration is also backed up by the real historical evolution of democratic systems. Constitutional contrivances and expedients fail to prevent this outcome. All that can stop it is unreasoning acceptance, by significant sectors of society, of certain metaphysical propositions. Individuals must freely accept limits to the scope of pure reason and to the mere calculation of costs-and-benefits, if they are not to opt for public policies which, though promoting their interests, would be liable to violate natural law.