Democrazie liberali o società post-totalitarie? Per un ripensamento della nozione di libertà

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Anno XLIV, n. 196, settembre-dicembre 2009
Editore/Publisher
Centro Einaudi

Abstract

Sulla base dell’individuazione di una ambiguità implicita nel dibattito pubblico sul liberalismo degli ultimi venti anni – ove la teoria liberale, universalmente accettata, sembra aver perduto confini chiari e una precisa delimitazione teorica – l’articolo prende in esame una figura paradossale della pratica del liberalismo. È l’individuo mini- stato, ibrido mostruoso posto tra individualismo e statalismo; soggetto-re che «non ha più bisogno di pensare»; individuo che si dice liberale ma mutua le proprie pratiche di azione dalla tradizione assolutistica e non liberale; ritenendosi dunque privo di limite e di legge, sovrano paradossale di «uno stato composto da un solo individuo» che nega l’esistenza di altro oltre a sé. Narcisismo individualistico del soggetto privo di limite e totalitarismo potrebbero dunque apparire come le due facce di uno stesso problema analizzato su piani diversi: quello della costruzione immaginaria dell’individuo e quello della costruzione simbolica delle istituzioni sociali, caratterizzati oggi entrambi dalla mancanza di limite, vale a dire da una mancanza di terzietà. Viene pertanto messa in luce la sempre possibile deriva del discorso liberale in discorso totalitario, nel tentativo di mostrare la centralità, per la teoria liberale, delle nozioni di limite e di legge, correlando inoltre il dibattito sulla libertà politica e giuridica con il dibattito sul free will, alla luce di una concezione della libertà intesa come libero e spontaneo accordo con la propria unicità, con il proprio irripetibile stile di azione.

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